Gargamella e il populista.

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 27 febbraio, 2013

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Beppe Grillo e Pierluigi Bersani (il populista e Gargamella)

Con molta umiltà vorrei dire la mia su un risultato elettorale che consegna il nostro paese ad una condizione d’incertezza e di precarietà, per quanto riguarda le prospettive di governo. Tutto il contrario di quanto sarebbe richiesto dalla crisi economica e sociale che l’Italia e l’Europa stanno attraversando.

Il PD, partito per il quale ho votato ed al quale continuo ostinatamente a confermare la mia fiducia, ha perduto le elezioni, come ha onestamente riconosciuto Bersani nella sua prima conferenza stampa post-voto, nonostante la coalizione di centrosinistra abbia ottenuto la maggioranza relativa dei voti sia alla Camera che al Senato.

La sconfitta del PD è il frutto di una serie di errori compiuti dal segretario e dai dirigenti del partito a lui vicini, dopo la vittoria alle primarie. Mi pare che si siano fidati troppo dei sondaggi e, certi della vittoria, abbiano tenuto una campagna elettorale in tono minore, sia nella forma (privilegiando le iniziative chiuse in “ambito protetto” e rivolte sostanzialmente al proprio elettorato), sia nei contenuti (trascurando i temi e le proposte di moralizzazione e di rinnovamento della politica e di riduzione dei suoi costi, evocati tardivamente nella citata conferenza stampa, insieme alla necessità di politiche europee più orientate allo sviluppo ed alla crescita e più attente ai bisogni della gente che al contenimento della spesa pubblica). Non penso che si dovesse imitare Grillo ma non v’è dubbio che la sua campagna elettorale nazionale (come già quella per le elezioni siciliane) sia stata assai più efficace, tutta condotta nelle piazze con una conclusione ad alto tasso simbolico in piazza S.Giovanni a Roma. Il PD soprattutto ha completamente rinunciato alla “vocazione maggioritaria”ed alla ricerca di voti al di fuori del suo tradizionale bacino elettorale, tra i delusi del centrodestra e tra i delusi della politica orientati all’astensione (catturati nell’urna da Grillo).

Sono tra quei 40 cittadini su 100 che alle primarie della coalizione di centrosinistra hanno votato per Matteo Renzi. E tuttavia non ho la presunzione di sostenere che se avesse vinto Renzi il risultato elettorale sarebbe stato certamente diverso. Né ritengo che nella presente situazione di difficoltà si debba chiedere a Pierluigi Bersani di dare le dimissioni e di farsi da parte. Lasciatemi dire tuttavia che rimango stupefatto nel sentire che sfegatati sostenitori di Bersani e detrattori di Renzi (come il sindaco di Bologna) ora si convertono a queste tesi.

E adesso che si fa ?

Francamente non vedo altra strada (sia pure impervia, irta di ostacoli ed incerta nei suoi esiti) da quella di un governo politico a guida PD, ancorchè privo di una maggioranza precostituita, formato da personalità politiche e tecniche competenti e che diano il segno di una novità (niente D’Alema o simili per intenderci), con un programma definito e limitato ma che non potrà non contenere ampie ed efficaci proposte di riforma istituzionale e di politica economica come quelle evocate da Bersani, oltre ad una nuova legge elettorale sulla quale non sarà facile trovare un accordo. Nel definire questo programma credo che si dovrà tenere conto soprattutto degli orientamenti del M5S (con il quale esistono significative convergenze), abbandonando al contrario qualsiasi ipotesi di coalizione con il centrodestra berlusconiano. In quest’ottica al M5S andranno riconosciuti ruoli come le presidenze di un ramo del parlamento oltre che di commissioni parlamentari che, oltre a rappresentare il doveroso riconoscimento del peso di questo movimento, potranno aumentare la caratura “istituzionale” del movimento stesso.

Si tratta di capire, insomma, se esistono le condizioni per un trasparente compromesso in tal senso. D’altro canto la buona politica è l’arte del compomesso.

Da un lato, prendere sul serio e tradurre in prassi consueta e norme di legge una serie di istanze di cui è portatore il M5S non potrà che migliorare il nostro sistema politico ed istituzionale. Dall’altro i “grillini” sono attesi ad un esame di maturità e di responsabilità nazionale che richiede loro da un lato un voto di fiducia ad un esecutivo del quale non fanno parte ma “amico” nella composizione e nei contenuti programmatici, dall’altro la disponibilità ad andare oltre l’ esclusiva (e comoda) approvazione, volta per volta, di quegli atti che corrispondono pienamente alle proprie istanze, per misurarsi anche, senza opposizioni pregiudiziali o preconcette, con questioni che l’agenda di governo (non definibile a priori in modo rigido) non potrà rinunciare comprendere.

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