Si riparla di dighe e di invasi.

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 28 giugno, 2017

Lago di Suviana

Negli ultimi giorni, di fronte all’aggravarsi della siccità ed alla mancanza di precipitazioni, si è parlato della necessità di misure emergenziali ma anche strutturali, dal momento che ci troviamo davanti ad un fenomeno legato ai cambiamenti climatici e che sembra destinato a ripresentarsi in forma non occasionale ma semmai sempre più grave.

A proposito di misure strutturali si è parlato anche della necessità di realizzare nuovi invasi.

Questo ha richiamato alla mia memoria il dibattito che impegnò tecnici ed amministratori pubblici bolognesi e regionali a partire dagli anni ‘60 sul tema della realizzazione di nuove dighe.

Ricordo il megaprogetto dell‘acquedotto del Reno, redatto dall’ AMGA, l’azienda municipalizzata di Bologna, che prevedeva la realizzazione, in aggiunta agl’invasi di Suviana e del Brasimone, di altri due bacini sul torrente Limentra, quelli di Treppio e Castrola.

Sempre in quegli anni, per la precisione nel 1967, venne approvato a livello nazionale il Piano Regolatore degli Acquedotti, che conteneva l’elenco degl’invasi previsti. Nella nostra provincia oltre a Treppio e Castrola si parlava di un invaso sul Savena a Scascoli e di uno sul Santerno, il Moscheta.

Erano anni nei quali le opere acquedottistiche e fognarie ed i relativi impianti di captazione, accumulo e depurazione venivano finanziati integralmente con fondi pubblici, nazionali e regionali.

I fondi necessari per realizzare dighe ed invasi erano tuttavia assai ingenti e questo indusse ad un ripensamento circa l’effettiva necessità di tali infrastrutture.

La regione Emilia Romagna, competente in materia di programmazione delle opere idroigieniche, negli anni ‘80 approvò un Piano Acque, redatto dalla soc.regionale Idroser, che a proposito di invasi, scartò tutte le previsioni fatte fino ad allora ad eccezione della diga di Ridracoli, realizzata negli anni successivi e funzionante a servizio della Romagna, sospendendo il giudizio su Castrola, rinviando ad ulteriori approfondimenti. Venne scartata anche la diga di Vetto, in provincia di Reggio Emilia di cui, guarda caso, si torna a parlare proprio in questi giorni di grande siccità.

Il piano regionale puntò molto sul risparmio idrico e sull’utilizzo in agricoltura (e non solo) delle acque del CER (Canale Emiliano Romagnolo) derivate da Po. Il ricordo che ne ho è quello di uno strumento assai accurato e documentato, ma profondamente segnato dalla preoccupazione di contenere gli oneri finanziari e, pertanto, molto prudente e poco cautelativo rispetto a scenari futuri, a quell’epoca (parliamo di più di quarant’anni orsono) non prevedibili.

L’azienda consortile Acoser, subentrata ad AMGA, curò tuttavia la progettazione della diga di Castrola, ubicata a valle di quella di Suviana. L’ opera, che oltre alla valenza di approvvigionamento idropotabile avrebbe prodotto energia elettrica ed aveva anche una sia pure ridotta utilità contro le piene del Reno, aveva sostenitori ed oppositori. Tra questi ultimi ricordo in particolare le associazioni ambientaliste. Acoser ad ogni buon conto avanzò al Ministero dell’ambiente la richiesta di pronuncia della compatibilità ambientale (l’odierna VIA). Dopo un’istruttoria durata quasi quattro anni il Ministero nell’aprile 1994 espresse il proprio giudizio positivo in merito alla compatibilità ambientale dell’opera, con una serie di prescrizioni. Nonostante ciò la diga non venne realizzata anche se ricordo che vennero a suo tempo fatte previsioni per una sua costruzione in project financing che comportava ricadute tariffarie significative ma sostenibili (segnalo fra parentesi che le tariffe idriche nel nostro paese sono tra le più basse a livello europeo e questo spiega anche perchè, in mancanza dei necessari investimenti da parte dei gestori del servizio, ci ritroviamo con acquedotti “colabrodo” che hanno perdite anche del 40% ed oltre).

Il fabbisogno idropotabile dei bolognesi è soddisfatto come è noto da prelievi da falda e da acque superficiali (dalla centrale di potabilizzazione di val di Setta, alimentata oggi anche da acque del Reno derivate attraverso un addutore realizzato nell’ambito dei lavori della variante autostradale di valico). Si sono ricavati anche invasi utilizzando cave esaurite in fregio ai corsi d’acqua.

Esistono vincoli da rispettare (limitare i prelievi da falda per controllare la subsidenza, modulare i prelievi da acque di superficie per rispettare il minimo deflusso vitale ecc.) per cui nel corso dell’anno gli approvvigionamenti vengono dosati opportunamente in modo che la risorsa non venga mai meno ed il bilancio tra domanda ed offerta non vada mai in crisi. Ricordo tuttavia che quando ancora mi occupavo di questi temi (fino ad una dozzina di anni fa) capitava talvolta di arrivare alla fine di luglio (momento nel quale la domanda era ancora alta) sfiorando la crisi.

Ma il tema della siccità riguarda soprattutto l’agricoltura e qui il discorso si fa ancora più complesso.In questi giorni si è parlato soprattutto di difficoltà nel parmense e nel piacentino.

Della situazione bolognese attuale non sono informato. Non so quale sia il bilancio e su quali presupposti di domanda e di offerta si basi, né su quali margini di flessibilità possa contare.

Non mi azzardo quindi a spezzare una lancia a favore della necessità di un nuovo invaso come quello di Castrola che offrirebbe al sistema una capacità aggiuntiva di 20 milioni di mc.

Il piano acque della Regione attualmente in vigore è del 2004 e contiene proiezioni al 2016.

Sarebbe comunque utile una sua verifica (che probabilmente la Regione sta già facendo) ed un eventuale aggiornamento che tenga conto degli scenari che si prospettano per il futuro e che fanno temere periodi acuti di siccità.

Non v’è dubbio che di fronte ad annate di scarse precipitazioni e, conseguentemente, di scarsa ricarica della falda e di fiumi e torrenti in secca, poter disporre di una maggiore capacità di accumulo avrebbe una indubbia utilità e potrebbe riportare di attualità idee progettuali a suo tempo scartate come quella della diga di Castrola.

In ogni caso ai decisori di oggi è richiesta grande lungimiranza: una diga non si realizza in pochi anni.

Aggiungi un commento

* usa un nome vero
* non verrà pubblicata

Articolo successivo: Caro Matteo ti (ri)scrivo