Gli Stati Generali dell’economia

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 12 giugno, 2020

Gli Stati Generali

Io non so se gli Stati Generali dell’economia, fortemente voluti dal premier Conte, rispondano ad una finalità propagandistica o ad un sincero desiderio di ascolto delle parti sociali.

Quello che penso è che non rispondano alle necessità attuali del paese.

Credo infatti che negli Stati Generali non si riuscirà ad andare oltre l’ennesima enunciazione dei titoli (e poco più) dei progetti di cui ha bisogno il paese: li conosciamo da sempre, la task force di Colao ne ha ricordati un certo numero e la stessa Commissione Europea li ha indicati come condizione per poter accedere ai cospicui finanziamenti che saranno resi disponibili.

Ciò che serve in questo momento è scegliere e decidere, tra tutto il repertorio noto e disponibile, ciò su cui si vuole puntare e soprattutto, per ciascuno degli obiettivi prescelti, indicarne con chiarezza le modalità e le condizioni di realizzazione: procedura di implementazione e sue diverse fasi, chi fa cosa, cronoprogramma, risorse necessarie ecc.

Insomma bisogna riuscire in tempi brevi a definire le condizioni di effettiva attuazione e realizzazione dei diversi progetti, affinchè non rimangano dei titoli ma se ne possa prevedere ragionevolmente la concreta fattibilità.

Se la scelta e la decisione sugli obiettivi compete alla politica (governo e parlamento) il lavoro di articolazione operativa compete ai tecnici (dirigenti ministeriali ed eventuali consulenti) ed è qui che a mio giudizio s’incontrano le maggiori difficoltà, dovute alle carenze dell’alta burocrazia statale (inamovibile o rinnovata ad ogni cambio di governo ma in base a considerazioni di fedeltà politica e non di merito), all’inesistente o ambiguo rapporto tra ministeriali e consulenti (temo che gli esperti di Colao abbiano lavorato per proprio conto, senza alcuna collaborazione con gli apparati dei ministeri).

D’altro canto la gestione dei progetti statali (analogo discorso andrebbe fatto a livello regionale) è di competenza della struttura dirigenziale dei ministeri (capi di gabinetto, dirigenti generali, uffici legislativi) ed è qui che ricade la responsabilità sia dell’inefficienza legislativa (leggi che rimangono inattuate per i ritardi dei decreti attuativi) che dell’incapacità di spendere in tempi certi le risorse assegnate.

Dubito che gli Stati Generali riusciranno ad entrare nel merito di questi aspetti: da qui il mio scetticismo sulla loro utilità.

E’ del 1973 un libro scritto da Augusto Frassinetti (Einaudi editore) dal titolo “Misteri dei Ministeri”, un «trattato» beffardo e paradossale, sorretto da una lucida competenza di testimone e di sociologo, che ha per obiettivo uno dei nuclei piú kafkiani della vita italiana: le miserie e gli «splendori» della burocrazia.

Temo che la sua lettura sia ancora utile a distanza di quasi cinquant’anni.

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