La Commissione De Marchi: un’occasione mancata

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 11 novembre, 2023

Frana in Appennino

A 57 anni esatti dal tragico evento di pioggia che il 4 novembre 1966 causò l’allagamento di Firenze e l’alluvione e le frane che devastarono tante città ed aree del nostro paese, si è verificato, il 4 novembre di quest’anno, un nuovo disastroso evento che ha colpito in particolare la Toscana. In questi 57 anni non si contano gli altri disastrosi fenomeni meteorologici che hanno causato danni devastanti e numerose vittime: i più recenti nello scorso maggio in Romagna, ma come dimenticare Sarno, Soverato ecc. ecc. Dopo ognuno di questi eventi spesso catastrofici per persone e beni, i responsabili politici dell’epoca ripetevano il solito “mantra”: “L’importante è fare prevenzione, si spenderebbero meno soldi (a parte le vittime che non hanno prezzo) di quello che siamo costretti a spendere per rimediare, sia pure in parte, ai danni causati da queste calamità”. Naturalmente a queste dichiarazioni non seguivano mai i fatti e si è sempre continuato così. All’ evento successivo magari si scambiavano le parti: chi era prima al governo ora era all’opposizione ma le dichiarazioni erano sempre dello stesso tenore, così come i comportamenti successivi restavano segnati dalla medesima inattività ed incoerenza.

Mi è tornata in mente ancora una volta la Commissione De Marchi e sono andato a ricercarmi in internet gli Atti della Commissione. Li ho ritrovati. Sono in tutto 3000 pagine. Naturalmente non le ho lette tutte. Mi è bastato scorrere le parti fondamentali della Relazione conclusiva.

Ma che cos’è la Commissione De Marchi?

Appena 20 giorni dopo l’alluvione di Firenze, venne istituita una prima Commissione che ultimò i suoi lavori in 8 mesi presentando una relazione che permise l’attuazione nel 1967 di primi lavori urgenti per opere idrauliche, idraulico-agrarie ed idraulico-forestali per un importo di 200 miliardi di £. (corrispondenti a circa 2 miliardi di € attuali).

Il 16 novembre 1967 venne poi istituita una “Commissione interministeriale (Lavori Pubblici ed Agricoltura e Foreste) per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo”,formata da un centinaio di membri (docenti universitari e dirigenti statali) affiancati da altrettanti esperti, presieduta dal prof. Giulio De Marchi.

Scopo della Commissione era quello di effettuare un’analisi completa dei problemi di difesa del suolo dalle acque e dalle frane su tutto il territorio nazionale indicando le opere necessarie per la sicurezza del territorio e le strategie d’intervento.

I lavori della Commissione, ultimati il 16 marzo 1970, durarono 28 mesi. Le spese di funzionamento ammontarono a 300 milioni di £, pari a circa 3 milioni di € odierni.

Apro una parentesi di carattere personale. Nel novembre del 1966 fui anch’io uno dei cosiddetti “angeli del fango” che si recarono a Firenze per dare una mano. Mi sono laureato in ingegneria civile nel marzo 1968 e, dopo un anno e mezzo di lavoro in una impresa edile di Bologna, nel novembre del 1969 sono stato assunto in Amministrazione provinciale di Bologna, dove ho lavorato fino alla fine del 2004 occupandomi principalmente di ambiente e di difesa del suolo. Questo per dire che nella mia vita professionale ho seguito attivamente le vicende che periodicamente hanno causato danni incalcolabili al nostro paese e non ho mai dimenticato, fino ad oggi, l’occasione mancata rappresentata dalla Commissione De Marchi, alla quale ritorno.

De Marchi era affiancato da due Vice, uno dei quali era il prof. Supino, docente di idraulica all’Università di Bologna, con i quale avevo sostenuto un esame.

La Commissione era articolata in 8 sottocommissioni di cui vale la pena ricordare la denominazione perchè in tal modo si può avere un’idea della vastità dei temi trattati.

  1. Fenomeni idrometeorologici e servizi di previsione, segnalazione ed annuncio.
  2. Sistemazioni idrauliche dei bacini idrografici.
  3. Fenomeni idrogeologici connessi con la difesa del suolo.
  4. Assetto idraulico e silvopastorale del territorio ai fini della difesa del suolo.
  5. Difesa dal mare dei territori litoranei.
  6. Problemi economici ed urbanistici connessi con la difesa del suolo.
  7. Organizzazione e coordinamento dei servizi amministrativi e tecnici per la difesa del suolo.
  8. Problemi giuridico-amministrativi della difesa del suolo.

Vorrei ora elencare in ordine sparso una serie di temi, legati ad asserzioni, raccomandazioni, conclusioni, che rappresentano il significato peculiare del lavoro della Commissione De Marchi. In corsivo alcune mie osservazioni.

La difesa del suolo e del territorio è compito precipuo e di esclusiva spettanza dello Stato e richiede unità di direttive per l’intero territorio nazionale, ma occorrerà la collaborazione anche delle altre istituzioni locali e dei privati. No allo spezzettamento tra le Regioni.

In realtà proprio nel 1970 nacquero le Regioni che rivendicarono proprie competenze in materia di difesa del suolo. Questo diede certamente luogo ad un certo “dissesto istituzionale” e ad una confusione nelle competenze che dura tutt’oggi e che è tra le cause del dissesto fisico del territorio.

Studi ed opere vanno pensati a livello di bacino idrografico, a prescindere dai confini amministrativi. I Piani di bacino comprendono: sistemazione idraulica e del suolo, uso delle acque, tutela delle acque.

Si dovette aspettare il 1989 per avere la prima legge nazionale in materia di difesa del suolo!

Va esteso a livello nazionale l’Ufficio del Magistrato delle Acque a cui compete la programmazione di bacino. Vanno ricostituiti gli uffici del Genio Civile e del Corpo Forestale dello Stato. Va potenziato il Servizio Idrografico.

Per il personale tecnico direttivo dei LLPP ed AAFF è necessario aumentare gli stipendi.

Inutile dire che anche queste proposte di carattere organizzativo non trovarono attuazione. Le Regioni rivendicarono ed ottennero il trasferimento ad esse dei Geni Civili.

Nei 30 anni abbracciati dal Piano della Commissione non si dovrebbero avere conseguenze per cambiamenti climatici che peraltro già si manifestano (innalzamento del livello del mare, aumento delle temperature ,scioglimento dei ghiacciai) a causa dell’aumento della CO2 in atmosfera.

Problemi: subsidenza, estrazione fluidi, estrazione di materiali dai fiumi, inquinamento delle acque.

Importanza dei serbatoi di piena ai fini della difesa dalle acque.

Si rileva che una sessantina di anni fa si avvertivano già i problemi attuali.

Necessario lo snellimento delle procedure per l’erogazione dei fondi e la disciplina dei controlli.

Metodi di previsione delle piene in base alla segnalazione delle piogge.

Criteri per l’aggiornamento della legislazione sulle opere idrauliche. Manca il coordinamento con le opere idraulico-forestali. Abbandonare la classificazione delle opere idrauliche. Due categorie di fiumi. Problemi delle escavazioni e degli scarichi fognari.

Vigilanza e controllo (Genio Civile e Consorzi di bonifica).

C’era piena consapevolezza dei nodi procedurali, giuridici, amministrativi che la politica avrebbe dovuto sciogliere.

La Commissione analizzò con cura quali opere, delle diverse tipologie, sarebbero state necessarie per la sicurezza del territorio, le quantificò e le divise in un primo quinquennio, nel successivo decennio e nel successivo quindicennio, per un totale di 30 anni, fino a fine secolo.

RIEPILOGO DELLE SPESE PER LA DIFESA DEL SUOLO E LA SISTEMAZIONE IDRAULICA (in miliardi di £)

OPERE

PRIMO QUINQUENNIO

SECONDO DECENNIO

QUINDICENNIO SUCCESSIVO

TRENTENNIO

Difesa idraulica del suolo

1892

1784

1624

5300

Sistemazione frane e protezione valanghe

89

150

190

429

Sistemazione idraulico-agraria

e silvo-pastorale

395

910

1065

2370

Difesa litorali

98

304

422

824

TOTALI

2474

3148

3301

8923

La previsione di spesa ammonta ad un totale, per il trentennio, di poco meno di 9.000 miliardi di £, somma che attualizzata ad oggi corrisponde a circa 90 miliardi di €. (3 miliardi all’anno).

Va rilevato che tali cifre comprendono anche le spese di manutenzione delle opere, che la Commissione giudica estremamente importante.

Altra raccomandazione rimasta lettera morta.

Non esiste il rischio zero, ma se si fa ciò che la Commissione propone e raccomanda, senza soluzione di continuità, si diminuirà la frequenza dei dissesti e la loro gravità.

Vengono date indicazioni sul finanziamento del Piano.

Si raccomanda di assicurare immediatamente la progettazione e l’esecuzione delle opere del primo quinquennio e si danno indicazioni circa una possibile graduatoria di priorità. Tra queste ci sono gli invasi a protezione delle città.

CONCLUSIONI

Il lavoro della Commissione De Marchi rappresenta, a mio giudizio, un “unicum” nella storia del nostro paese, e gli obiettivi che essa si proponeva erano assai (troppo?) ambiziosi. Purtroppo non ha dato i frutti che avrebbe potuto dare, per le ragioni a cui ho già accennato e che qui riprendo sinteticamente.

Innanzitutto il momento storico-istituzionale che vide la nascita e l’attività della Commissione non era dei più propizi: l’esigenza dichiarata di mantenere in capo allo Stato centrale le principali competenze (e responsabilità) sulla difesa del suolo, si scontrò con la nascita delle Regioni che rivendicarono ed ottennero significativi poteri.

Ciò accrebbe la confusione e la mancanza di coordinamento in una materia complessa: la stabilità ed il consolidamento del territorio dipendono infatti da molteplici opere (idrauliche, idraulico-forestali, idraulico-agrarie, forestali, di bonifica e scolo ecc.) per ciascuna delle quali esiste una normativa che prevede la competenza di molteplici soggetti istituzionali (Stato, Regioni, Province, Comunità montane) e relative strutture tecniche. Inoltre un ruolo importante hanno anche i privati proprietari dei terreni in collina e montagna ed in pianura, attraverso l’attività dei Consorzi di bonifica montana e di pianura.

Si aggiunga il fatto che i problemi di difesa del suolo vanno analizzati ed affrontati a scala (fisica) di bacino idrografico, che non coincide con il criterio dei confini amministrativi.

Si comprende facilmente come, a fronte di un quadro così complesso, la precarietà dei nostri organi di governo a tutti i livelli (come è noto si sono succeduti nel nostro paese numerosi governi, di durata anche di pochi mesi) ha impedito quella continuità di flussi finanziari e d’ interventi esecutivi che era la principale raccomandazione della Commissione.

Per concludere (anche se molto altro ci sarebbe da dire) vorrei segnalare lo squilibrio tra la spesa prevista dalla Commissione nel trentennio 1970-2000 per la messa in sicurezza del territorio nazionale (90 miliardi di € attualizzati, pari a 3 miliardi all’anno) e la cifra prevista per riparare i danni causati dall’alluvione in Emilia Romagna del maggio 2023: 9 miliardi.

Questo senza mettere in conto il valore incommensurabile delle vite umane perdute.

Nel mio corso di laurea avevo sostenuto altri due esami di idraulica, quello di Costruzioni idrauliche (prof. Evangelisti) e quello di Impianti speciali idraulici (prof. Zoccoli).

Aggiungi un commento

* usa un nome vero
* non verrà pubblicata

Articolo successivo: La casa si è riaperta
Articolo precedente: Una casa disabitata