Una casa disabitata
Nell’aprile 2021 nacque a Bologna la prima ‘Casa del dialogo tra religioni e culture’, “uno spazio in cui “comunità religiose, società civile e agenzie culturali” saranno chiamate a collaborare “per un integrale progresso umano, sostenibile e condiviso”. Venne firmata un’intesa tra il sindaco Virginio Merola, il rettore Francesco Ubertini, l’arcivescovo Matteo Zuppi, il rabbino capo Alberto Sermoneta, il presidente della Comunità ebraica Daniele De Paz e il numero uno della Comunità islamica Yassine Lafram. L’accordo rimaneva aperto alla sottoscrizione anche da parte delle altre confessioni religiose presenti a Bologna, che “ne condividono le finalità e gli obiettivi e che intendono collaborare al loro raggiungimento”.
In queste ore drammatiche mi sono ricordato di questo fatto che a suo tempo suscitò molte attese.
Non ho memoria di iniziative che la “Casa del dialogo tra religioni e culture” abbia assunto in questi due anni e mezzo. Sul sito del Comune di Bologna non ne ho trovato traccia alcuna. Il sito della Diocesi si limita a ricordare l’evento.
Ora so bene che in un momento di crisi acuta come quello che stanno vivendo oggi israeliani e palestinesi, parlare di una “Casa del dialogo” appare fuori dalla realtà, e tuttavia penso che i soggetti che decisero di edificarla debbano porsi il problema di abitarla, appena possibile.
P.S.
Mi è sembrato opportuno trasmettere il testo di questo post a mons. Zuppi e a don Ottani.
Il segretario del cardinale mi ha risposto così:
Buongiorno Paolo,
ho trasmesso la tua email al Cardinale che mi ha detto di farti sapere che, effettivamente, a parte la firma del protocollo e gli accordi tra le religioni interessate, tutto si è fermato e non si è mai fatto nulla.
L’incaricato per la nostra diocesi era don Stefano Ottani, ma non è mai stato contattato.
Hai ragione, sarebbe bene, almeno, tenere presente l’esistenza di una realtà del genere a Bologna.
Saluti.
don Sebastiano