Bioetica e politica

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 4 aprile, 2023

Bioetica

La bioetica è quella parte della filosofia o della teologia morale che riguarda i diversi momenti della vita umana, in particolare della vita al suo inizio ed al suo termine. Naturalmente gli approcci di carattere culturale e di ispirazione politica ai temi della bioetica possono essere assai diversi tra loro, così come diverse possono essere le soluzioni normative che a tali temi dà (o, più spesso ahimè, non dà) la legislazione del nostro paese. Per fare alcuni esempi: abbiamo una legge (194/78) che regolamenta l’aborto (o Interruzione Volontaria della Gravidanza), una legge (40/2004) che regola la fecondazione assistita, una legge (219/2017) che consente il testamento biologico (o Dichiarazioni Anticipate di Trattamento), mentre manca a tutt’oggi una norma che autorizzi il ricorso, in determinate circostanze, al suicidio assistito, o una legge che regolamenti il riconoscimento della genitorialità delle coppie omosessuali. In entrambi questi ultimi casi è la magistratura (la Corte Costituzionale nel primo caso, la Corte di Cassazione nel secondo) ad aver formulato indirizzi e criteri che ancora non sono stati recepiti in modo organico con una legge del Parlamento.

Tutte le forze politiche, in qualche misura, scontano da questo punto di vista un colpevole ritardo per non essere riuscite ad approvare una legge, magari dopo una trattativa e le necessarie ed opportune mediazioni che sono spesso lo strumento della buona politica, come insegna la legge 194/78, una buona legge che richiede solo di essere applicata integralmente, anche nella sua parte preventiva e di sostegno alla maternità difficile.

Tenuto conto di ciò considero sbagliate le polemiche politiche sollevate di recente, soprattutto da sinistra, attorno al blocco della registrazione della genitorialità delle coppie omosessuali, tema che non può essere separato dalle modalità (tra cui la maternità surrogata) con cui è avvenuto il concepimento e la gestazione di questi bambini/e.

A questo proposito vorrei esprimere alcune considerazioni.

Da parte della sinistra e di parte dei movimenti omosessuali si rifiuta la soluzione proposta dalla Corte di Cassazione, che, in mancanza di una legge (di riforma della L.40/2004) consente la registrazione del solo genitore biologico e l’istituto dell’adozione (con procedura speciale) per il riconoscimento dell’altro genitore, e si lamenta una lesione dei diritti di questi bambini/e che rischierebbero di restare orfani in caso di morte del genitore naturale. La richiesta del riconoscimento immediato della genitorialità di entrambi i partners (tanto omo che etero) di bambini nati dopo concepimento e gestazione all’estero, mi sembra una forzatura ed una scorciatoia che, strumentalizzando il tema dei diritti dei bambini vuole portare di fatto (anche se lo si nega) ad una legittimazione e ad un riconoscimento della pratica della maternità surrogata (il cosiddetto “utero in affitto”).

In sostanza si mette in primo piano il tema dei diritti dei bambini, separandolo dalle modalità che hanno portato alla loro nascita, nella consapevolezza che l’opinione pubblica giudica in modo diverso e contraddittorio i due aspetti: alla domanda “ai bambini nati con la pratica della maternità surrogata deve essere permesso di essere iscritti all’anagrafe del Comune di residenza ?” il 75% degl’ italiani risponde affermativamente; alla domanda “sei favorevole o contrario alla pratica della maternità surrogata” i favorevoli “anche con passaggio di denaro” (il che capita nella stragrande maggioranza dei casi) si dichiarano favorevoli solo al 16 %. (Sondaggio Noto per La Repubblica).

C’è quindi nella opinione pubblica una chiara consapevolezza di quanto siano odiosi e da rifiutare la mercificazione del corpo della donna, il catalogo degli ovociti e dello sperma, la compravendita di fatto di un bambino o di una bambina. Coerentemente nel nostro paese non è ammessa la vendita degli organi ma soltanto la loro donazione.

Il desiderio della paternità e della maternità va certamente apprezzato, soprattutto in tempi di “inverno demografico” come quelli che viviamo, in particolare nel nostro paese. Ma questo desiderio (come ogni desiderio) non può tradursi automaticamente in un diritto, da soddisfare ad ogni costo.

Per un credente la vita è un dono, non è nella nostra disponibilità, ed il corpo nostro e dei nostri figli non è una nostra proprietà di cui poter disporre a piacimento. Altro che diritto all’autodeterminazione.

Da persona credente, politicamente orientata a sinistra, mi spiace che sia proprio la sinistra, in particolare quella più radicale, a portare avanti queste rivendicazioni che mi paiono di stampo ultraliberista, secondo una “logica” che prevede che in materia di diritti individuali tutto sia permesso sulla base dell’assioma: “ho diritto a fare ciò che voglio dal momento che questo non obbliga gli altri a fare altrettanto”. Oppure: “non viviamo mica in uno Stato etico!” Ma non rispondono forse ad istanze etiche anche i diritti e le lotte sociali per le quali, giustamente, si batte la sinistra, come quelle per un lavoro stabile e remunerato adeguatamente, o per una sanità pubblica universalistica, o per l’accoglienza dei migranti o per la tutela dell’ambiente e del creato o per il riconoscimento dello ius soli?

Sono queste le ragioni per le quali sono attualmente in attesa di capire quale indirizzo prenderà il Partito Democratico con la segreteria Schlein, in particolare per quanto riguarda il tema dei diritti.  Devo dire che non mi convincono e mi lasciano assai perplesso argomentazioni di cattolici che, per giustificare il loro appoggio a Schlein sostengono che papa Francesco è più radicale di lei, riferendosi in modo strumentale ad encicliche come Fratelli Tutti o Laudato Si’, salvo trascurare e dimenticare i suoi chiari pronunciamenti in materia di bioetica.

Tali mediazioni sono particolarmente necessarie quando si deve legiferare su questioni che attengono alla bioetica, dove si confrontano posizioni ispirate a valori e concezioni della vita anche assai diverse tra loro. Nè si può sostenere, a mio giudizio, che esistano “valori non negoziabili”: la politica e le leggi, soprattutto su questioni ad alta sensibilità, richiedono negoziazioni, trattative e mediazioni, se si vogliono ottenere risultati condivisi.

Aggiungi un commento

* usa un nome vero
* non verrà pubblicata

Articolo successivo: A proposito di PNRR
Articolo precedente: Amarcord