Partecipazione locale, palestra di democrazia.

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 27 giugno, 2010

1006coverSul numero 6 di giugno 2010 di Aggiornamenti Sociali, la bella rivista dei padri gesuiti di Milano, compare un interessante articolo di Alfredo L.Tirabassi dal titolo  “Nuove forme di partecipazione locale - quale futuro per la cittadinanza?”.

Per scaricare il testo completo dell’ articolo clicca su aggiornamenti-sociali

La tesi contenuta nell’articolo è che il modello di governo di tipo presidenziale che si è affermato progressivamente negli enti locali nel corso degli ultimi vent’anni ha visto aumentare la concentrazione di potere nelle mani dei sindaci, a fronte di una progressiva diminuzione dell’importanza del ruolo dei consigli comunali. L’evoluzione normativa in tal senso sta dunque configurando un nuovo modello di relazioni tra istituzioni politiche e cittadini, che modifica gli equilibri della partecipazione politica locale e del rapporto tra cittadini ed istituzioni, un tema sul quale è opportuno avanzare alcune considerazioni, sulla base di due assunti fondamentali. Il primo è l’idea toquevilliana (ma anche sturziana) secondo cui le istituzioni comunali sono la palestra e il fondamento della vera democrazia: il loro indebolimento non ha solo effetti locali, ma si ripercuote sulla capacità di tutto il sistema di esprimersi secondo leggi di libertà: “senza istituzioni comunali una nazione può anche darsi un governo libero , ma non possiede ancora lo spirito di libertà”. Il secondo è l’idea di partecipazione politica nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, caratterizzata dall’attenzione al bene comune e vincolante per i cittadini: “la partecipazione è un dovere da esercitare consapevolmente da parte di tutti, in modo responsabile e in vista del bene comune”. Essa non è altro che il versante pubblico del dovere morale di occuparsi degli altri, dei loro bisogni e della loro dignità all’interno del corpo sociale.

Condivido pienamente questa tesi, che spiega anche, in parte, perchè i cittadini bolognesi non sembrano particolarmente turbati dal fatto che per oltre un anno saranno governati da un Commissario e non da amministratori da loro democraticamente eletti e controllati.

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