Làbas. Tra legalità e socialità
La vicenda di Làbas sta provocando un acceso confronto nel PD e nella città.
C’è chi ritiene che, dopo lo sgombero di Làbas dalla caserma Masini, sia stato un errore da parte del sindaco e dell’amministrazione comunale, avviare, con un’apertura di credito, un dialogo con il centro sociale, riconoscendo il valore delle iniziative che in quel luogo sono state svolte per cinque anni e prevedendo di assegnare a Làbas, all’interno di un percorso in linea con i regolamenti del Comune, degli spazi idonei alle sue finalità. I sostenitori di questa tesi ritengono infatti (provo ad interpretare il loro pensiero) che l’occupazione abusiva implichi un’ irrecuperabile lesione al principio di legalità, di gravità tale da escludere qualsiasi rapporto futuro con l’istituzione e che l’atteggiamento morbido del Comune significhi di fatto piegarsi ad un ricatto che penalizza e discrimina nella sostanza tutte le associazioni ed espressioni della società civile che “stanno alle regole” e che, proprio per questo, non ottengono dall’amministrazione trattamenti di favore.
Riconosco che questi argomenti hanno una loro validità ed ammetto che io stesso, anche per la mia formazione “istituzionale”, sono portato in prima istanza a farle mie.
E tuttavia, ponderando meglio la questione, non me la sento di condividere, in questo caso, una posizione “per la legalità senza se e senza ma”. Perchè attorno a Làbas di “se” e di “ma” ce ne sono diversi tra i quali i principali sono rappresentati dal valore sociale, riconosciuto unanimemente, delle cose fatte dal centro in via Orfeo in tutti questi anni e dall’ampiezza dei consensi che Làbas ha saputo guadagnare, espressi dalla grande manifestazione popolare e non violenta di qualche giorno fa. Nè può essere trascurato il fatto che gli spazi di via Orfeo, al momento della loro occupazione abusiva, erano già da troppo tempo vuoti ed inutilizzati. Un’ amministrazione comunale, a differenza della magistratura, non può non tenere conto di questo e deve, io credo, favorire il recupero di una condizione di legalità, concedendo a Làbas spazi disponibili (peraltro al momento ancora inutilizzati e privi di alcuna destinazione) per le proprie iniziative sociali (e magari per quelle che il Comune ritiene utili) a condizione che il centro accetti per il futuro di rientrare nel quadro procedurale e nel sistema di diritti e di doveri previsto dalle norme comunali, rendendo chiaro che nessun ulteriore strappo alle regole sarà ammesso.
D’altra parte mi sembra che anche dopo gli sgomberi di alloggi o edifici occupati abusivamente il Comune non abbia mai chiuso gli occhi lasciando in mezzo alla strada gli occupanti, ma si sia sempre fatto carico di trovare loro una sistemazione provvisoria, in particolare, ma non solo, alle donne, ai bambini ed alle persone fragili.
Commenti dei lettori
Concordo al 100% caro Paolo. Se l’uso che si fa di immobili pubblici da parte di un’Amministrazione si limita a lasciarli inutilizzati per anni, senza neppure avviare la fase di assegnazione in ordine di lista, ma prendendo a pretesto lavori di manutenzione da anni fantasma, non ci si può poi meravigliare che qualcuno si prenda la responsabilità di rompere gli indugi, e vada ad utilizzare meglio spazi lasciati colpevolmente inutili.