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Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 9 settembre, 2016

raggi

Virginia Raggi, sindaco di Roma

Le vicende che in questi giorni hanno travagliato (senza alcun riferimento al direttore del Fatto quotidiano) la giunta Raggi ed il M5S, offrono diversi spunti di riflessione.

Indubbiamente il contesto politico-amministrativo romano presentava e presenta elementi di particolare difficoltà e criticità, ma proprio per questo si tratta di una prova decisiva per verificare la maturità e la capacità di governo del M5S, anche in vista di elezioni politiche nazionali.

Un primo aspetto che è risultato evidente è l’approssimazione, l’improvvisazione ed il dilettantismo di cui fin qui si è dato prova. La vittoria del M5S a Roma era preannunciata e prevista da mesi e la candidata sindaco avrebbe avuto tutto il tempo per scegliere, con il supporto degli esponenti del movimento, i suoi collaboratori di giunta, il suo staff ed i vertici (amministratori e direttori generali) delle principali società partecipate (AMA ed ATAC). Viceversa le nomine sono giunte in ritardo e, in alcuni casi, si è avuta la sensazione, a posteriori, che si trattasse di scelte affrettate e poco indovinate, senza una piena consapevolezza dei compiti e delle funzioni delle diverse cariche: un assessore che dovrebbe indirizzare e controllare una società (AMA) di cui è stata per molti anni consulente/dirigente con scelte e comportamenti di cui si sta interessando la magistratura , un magistrato come capo di gabinetto poi dimessosi, un vice capo di gabinetto factotum spostato ad altro incarico , un capo della segreteria politica (ma non è un doppione del capo di gabinetto?) valorizzato e poi ridimensionato.

Il secondo aspetto delicato che emerge dalle vicende romane è, in generale, il rapporto tra il M5S ed i suoi amministratori eletti, ed in particolare, il rapporto tra la sindaco Raggi ed il direttorio maxi (Di Maio, Di Battista, Fico, Ruocco e Sibilia) e mini (Taverna, ecc.). Già il fatto di avere messo la Raggi sotto tutela appare come un’ implicita ammissione della sua inadeguatezza (pochissime, tra l’altro, le delibere approvate in questi primi mesi di mandato). Questi direttorii inoltre (nome di per sé un po’ inquietante), sono formati da parlamentari ed esponenti del movimento tra i quali non si sa bene chi ha l’ultima parola, sono stati nominati dall’alto, e non è per niente chiara la loro legittimazione popolare (nel PD esistono i congressi per designare i dirigenti del partito), per non parlare dell’ incedere traballante di Beppe Grillo che non si capisce bene se faccia passi di lato, indietro o in avanti. Dal punto di vista istituzionale, infine, va detto che Virginia Raggi è stata eletta dai cittadini romani i quali hanno anche designato i consiglieri comunali del M5S che rappresentano oltretutto, da soli, la maggioranza del Consiglio comunale. E’ quindi il gruppo consiliare romano del M5S, espressione della volontà dei cittadini romani che si sono riconosciuti nel M5S, il vero ed unico soggetto legittimato a dare alla Raggi gl’ indirizzi di governo e gli eventuali suggerimenti per le sue scelte oltre che ad esercitare il controllo sul suo operato. Potrebbe essere l’occasione, per il M5S, per fare chiarezza sulle modalità di selezione della sua classe dirigente e sui rapporti tra amministratori eletti e dirigenza e base del movimento.

P.S. Il mini direttorio si è dimesso. Non so se si sia trattato di una decisione presa in polemica rispetto ai fatti di questi giorni o di una scelta rispettosa dell’autonomia del sindaco. Il futuro probabilmente ci aiuterà a capire meglio.

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