L’ICI e la Chiesa

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 15 dicembre, 2011

In questi giorni, in relazione al dibattito in corso sulla manovra varata dal governo Monti (che tra l’altro ha ripristinato l’ICI, oggi IMU,ici sulla prima casa) e sui pesanti sacrifici richiesti ai cittadini, è tornato d’attualità il tema dell’applicazione di tale imposta agl’ immobili di proprietà della Chiesa e degli enti religiosi. Come capita spesso nel nostro paese abbiamo assistito ad attacchi di stampo anticlericale che liquidavano la Chiesa come se fosse un evasore fiscale e difese ad oltranza che, in nome del servizio che la Chiesa e le sue organizzazioni come la Caritas rendono alla società, sembravano rifiutare qualsiasi modifica della situazione data.

Ora è necessario tenere presente che non solo la Chiesa ma tutte le organizzazioni “no profit” e anche gli edifici di carattere istituzionale godono dell’esonero dal pagamento dell’imposta sugl’immobili concesso a tutti i fabbricati adibiti ad “attività non esclusivamente commerciale”. Ed è questa formulazione ambigua che genera una “zona grigia” e può dare adito ad interpretazioni estensive o discrezionali.

Intanto sarebbe opportuna un’operazione “trasparenza” da parte del Comune di Bologna, che permettesse di conoscere quali sono gli edifici attualmente esonerati dal pagamento dell’ICI, in modo che i cittadini possano valutare la situazione e farsi un’idea delle dimensioni del problema. Già questo potrebbe dissipare dubbi o fare emergere situazioni da correggere.

In ogni caso sarebbe meglio modificare la norma nel senso di eliminare quell’ “esclusivamente”. Non sarebbe infatti difficile, all’interno di un edificio,separare la superficie dei locali adibiti ad attività commerciale (soggetta a tassazione) da quella dei locali che ospitano attività e funzioni di altro genere.

Penso, per analogia, ad un’altra situazione, relativa al pagamento della TARSU (tassa rifiuti), che può generare situazioni di iniquità e della quale mi occupai quando ero consigliere comunale. Mi riferisco ai fabbricati che ospitano comunità religiose: si tratta di edifici anche di grande dimensione, un tempo occupati per intero ed oggi pressochè deserti a causa del calo delle vocazioni religiose. Com’è noto l’entità della TARSU è commisurata alla superficie dell’edificio, indipendentemente dal numero delle persone che vi risiedono e questo, nei casi in questione, può comportare il pagamento di somme assai superiori a quelle corrispondenti al servizio effettivamente reso (raccolta e smaltimento di esigue quantità di rifiuti).

Insomma, in generale, per evitare atteggiamenti “persecutori” o, all’opposto, trattamenti di favore immotivati, da parte della pubblica amministrazione, è necessario guardare alla sostanza oggettiva delle cose, senza pregiudizi di qualunque segno.

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Commenti dei lettori

A proposito di esenzioni: il Collegio di Spagna (all’inizio di via Saragozza) che gode della condizione di extraterritorialità, paga l’ICI o no?

#1 
Scritto da Marcello il 10 gennaio, 2012 @ 02:31

Proprio non lo so. E’ per questo che credo che il primo passo dovrebbe essere l’informazione e la trasparenza sulla situazione attuale, per poter esprimere un giudizio scevro da pregiudizi. Se fossi ancora in Consiglio comunale farei un’interrogazione in tal senso.

#2 
Scritto da Paolo Natali il 10 gennaio, 2012 @ 16:43

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