Le catastrofi naturali non sono una tragica fatalità.

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 31 ottobre, 2011

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Le Cinque Terre devastate

Ogni volta che una catastrofe naturale semina morti e distruzioni (da Sarno alle Cinque Terre, per limitarsi alle più recenti) non posso non andare con la memoria alla storia del nostro paese dal 1966 (anno dell’alluvione di Firenze, Grosseto e Venezia, di cui ricorre proprio in questi giorni il tragico anniversario) in poi, una storia fatta di colpevoli omissioni e d’incuria del territorio.

Negli anni che seguirono immediatamente quell’evento drammatico assistemmo ad una presa di coscienza circa la necessità di dotarsi finalmente, nel nostro paese, di una politica di difesa del suolo. Venne subito costituita una “Commissione interministeriale per lo studio delle sistemazioni idrauliche e della difesa del suolo” , meglio nota come “Commissione De Marchi”, dal nome del suo presidente. La Commissione svolse un intenso ed accurato lavoro d’indagine e licenziò nel 1970 una ponderosa relazione nella quale si indicava la necessità di provvedere, nei successivi trent’anni, ad una sistematica e costante opera di messa in sicurezza del territorio mediante una serie di opere intensive ed estensive a scopo riparatorio e (soprattutto) preventivo, di carattere idraulico, idraulico-forestale e di forestazione. Di tali opere, individuate in alcuni casi in modo preciso, veniva fornita la stima economica e la scansione temporale, dando la precedenzaa quelle più urgenti (da completare nel primo quinquennio). Oltre a ciò veniva per la prima volta segnalata la necessità di istituire le Autorità di Bacino idrografico, organismi di concertazione politicoamministrativa dotati della necessaria struttura tecnica, competenti in materia di pianificazione e di programmazione degl’interventi.

Per la legge in materia di difesa del suolo (L.183/1989) si dovette attendere quasi vent’anni, mentre furono quasi completamente disattese le prescrizioni di opere e di interventi sul territorio. Anche la strumentazione urbanistica, che doveva tenere conto  delle condizioni di fragilità dei suoli, definite da apposita cartografia tematica contenente i vincoli da rispettare, non è stata all’altezza delle necessità, con luci ed ombre da regione a regione. Si è proceduto in generale alla disordinata cementificazione del territorio e, in molti casi, alla urbanizzazione delle fascie di rispetto fluviale, necessarie alla naturale espansione delle acque in caso di eventi di piena.

Il progressivo abbandono dei territori montani ha fatto il resto.

Il quadro descritto non conosce significative eccezioni: tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni (anche in epoche di spesa pubblica “a go go”), non hanno svolto la necessaria azione preventiva dei dissesti di versante e delle esondazioni fluviali, con le conseguenze che sono sotto i nostri occhi. A parte il prezzo incommensurabile di centinaia di vite umane, si è preferito spendere enormi risorse negl’indennizzi e nella riparazione dei danni piuttosto che nella prevenzione che, in molti casi, non rappresenta un costo ma richiede soltanto un governo più oculato e lungimirante del territorio.

Oggi, in periodo di “vacche magre”, è certamente più difficile che lo Stato possa impegnarsi in un’azione di ampio respiro per la difesa attiva del suolo, fatta d’ingenti ed onerosi finanziamenti. E tuttavia qualcosa dovrebbe essere fatto, soprattutto per mettere preventivamente in sicurezza le zone e le situazioni più a rischio e vulnerabili (peraltro ben note). Inoltre non è mai troppo tardi, se c’è la volontà politica, per rispettare i vincoli (anch’essi noti) imposti dalla fragilità del territorio e per prescrivere le opere di compensazione necessarie (come ad esempio le vasche di laminazione).

Da troppo tempo si ripete questa tragica storia di colpevole miopia ed imprevidenza.

Commenti dei lettori

caro Natali grazie per questa ricostruzione storica per il commento. io nel 1966 nascevo e solo parecchi anni dopo ho preso conoscenza, almeno in parte, di quanto accaduto. ahime negli ultimi anni troppi sono stati gli eventi analoghi, ma di una cosa sono certo, anche da profano; non è ascrivibile tutto ciò alla “natura matrigna”. magari qualche condono edilizio in meno e qualche pizzico di coscienza in più da parte di ciascuno di noi, unito al non snaturare il territorio rispetto a come si presenta, aiuterebbe parecchio a idurre di molto acadimenti di questo tipo…il Suo giudizio tecnico Natali è oltremodo interessante e prezioso. e quindi , sempre GRAZIE ED UN CARO SALUTO. giampaolo

#1 
Scritto da giampaolo il 5 novembre, 2011 @ 21:02

Grazie a te, caro Giampaolo

#2 
Scritto da Paolo Natali il 6 novembre, 2011 @ 00:40

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