I 3 Referendum sull’ acqua pubblica

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 2 maggio, 2010

banner_l Si è iniziata da qualche giorno la raccolta delle firme per 3 Referendum promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, al quale aderiscono numerose associazioni. I Referendum hanno lo scopo di contrastare la privatizzazione della gestione del servizio idrico.   Gli slogan della campagna referendaria (”L’acqua non si vende” “Fuori  l’acqua dal mercato” “Fuori i profitti dall’acqua”) hanno un forte impatto emotivo, riguardando un bene primario e vitale come l’acqua, anche se, con la sinteticità propria degli slogan, contengono semplificazioni e forzature. Per saperne di più cliccate su  http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/

Il PD ha assunto sul tema una posizione defilata (2604-un_patto_per_lacqua_pubblica ), unendosi ai promotori dei referendum nell’opposizione al provvedimento legislativo del governo (art.23 bis del D.L. 26/6/2008 n.112 convertito in legge) che prevede una privatizzazione forzata del servizio idrico integrato (obbligando i comuni a disfarsi nei prossimi anni di una quota delle proprie partecipazioni azionarie nelle società -come nel caso di Hera), ma disapprovando la scelta dello strumento  “referendum”, giudicato inefficace e destinato al fallimento (per l’improbabile raggiungimento del quorum) ed inadeguato a ridefinire un quadro normativo coerente in una materia complessa. Il PD punta piuttosto ad un percorso partecipato per definire una proposta complessiva di gestione del servizio idrico integrato.

Ciò premesso vorrei fornire alcune informazioni ulteriori ed esprimere qualche considerazione.

  1. La proprietà dell’acqua è pubblica ed il suo prelievo è soggetto a concessione: il prezzo che il concessionario paga è assai modesto; la materia prima insomma è a buon mercato.
  2. Le reti idriche (acquedotti e fognature) sono pure di proprietà pubblica.
  3. Il potere di pianificare l’uso della risorsa è anch’esso pubblico, in mano alla Regione.
  4. La governance del servizio idrico, cioè il potere di regolazione del settore (aggiudicazione del servizio, determinazione delle tariffe, programmazione degl’investimenti necessari, finanziati dalla tariffa) è in mano pubblica attraverso le Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale.

Ma allora cosa s’intende privatizzare?  Il soggetto gestore del servizio, nella convinzione che spirito imprenditoriale, concorrenza e mercato possano rendere il servizio più efficace, efficiente ed economico rispetto alla gestione attraverso aziende e società interamente in mano pubblica.

Se la politica facesse bene il suo mestiere non si comprende cosa ci sarebbe da temere da questa privatizzazione: ma questo non può essere dato per scontato, come vedremo.

Nella nostra città (ed in larga parte della Regione) il servizio idrico è gestito, come noto, da Hera, una S.p.a. quotata in borsa, a prevalente capitale pubblico (le azioni sono detenute dai Comuni, come quello di Bologna che ne possiede il 13,67%). Hera è il risultato della evoluzione aziendale che parte da AMGA ed AMIU (municipalizzate) passando attraverso CAR - Acoser e SEABO, ed assicura una gestione efficace dei servizi ambientali ed energetici. Per quanto riguarda in particolare l’acqua i cittadini bolognesi non possono lamentare interruzioni o disservizi di un certo rilievo.

Ma in Hera gli enti  locali vivono un certo conflitto d’interessi.

Da un lato sono soci ed azionisti di una società quotata in borsa, che sta sul mercato e che è vocata a fare profitti (che si traducono i dividendi provvidenziali per le casse comunali), profitti che esigono bassi costi ed elevati ricavi (volumi venduti x prezzo di vendita).

Dall’altro, in quanto enti che rappresentano i cittadini utenti, sono interessati a che Hera fornisca acqua di buona qualità, attraverso i necessari investimenti, ai prezzi più bassi possibili.

In questa situazione contraddittoria quali sono gl’indirizzi che le amministrazioni comunali danno all’azienda attraverso i propri rappresentanti nel C.d.a. della società?

Nei giorni scorsi è accaduto un fatto che può segnare una svolta e che ha costretto gli amministratori dei comuni a prender posizione.

La pianificazione regionale in materia di risorse idriche impone strategie per il risparmio idrico che hanno già dato qualche risultato. Oltre ai comportamenti virtuosi degli utenti, anche l’introduzione della tariffa pro-capite (più equa per le famiglie numerose) e la crisi economica hanno prodotto un calo dei consumi e dei volumi d’acqua venduti da Hera. A fronte di ciò Hera ha richiesto un aumento delle tariffe per il 2010 allo scopo di mantenere l’equlibrio tra costi e ricavi.

Di fronte a ciò i sindaci, nell’ambito di ATO, hanno fatto opposizione, ottenendo uno scaglionamento degli aumenti tariffari che penalizza gli utenti più “spreconi”.

La vicenda è importante perchè può produrre, per il futuro, una maggiore attenzione nei confronti dei diversi aspetti del bilancio economico di Hera: costi di gestione (nelle diverse componenti), investimenti, produttività, ricavi, profitti (e dividendi) ecc.

Ma questa vicenda si presta anche ad un’altra considerazione: è paradossale che il virtuoso calo dei consumi (coerente con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile) debba accompagnarsi inevitabilmente ad un punitivo aumento delle tariffe e che ciò sia richiesto non da un gestore privato ma da un gestore pubblico, ma  che sta sul mercato.

Allora non basta dire ” no alla privatizzazione” ma occorre avere il coraggio di dire “sì alla ripubblicizzazione” che non implica tanto o soltanto il carattere pubblico del soggetto gestore, ma la natura assistita del settore idrico, i cui costi dovrebbero essere posti a carico non (o non solo) degli utenti, ma della fiscalità generale, pagata da tutti i cittadini (o almeno di quelli che pagano le tasse) e  non si dovrebbe più parlare di tariffa idrica, come prezzo di un servizio.

Anche gl’investimenti necessari (parecchie decine di miliardi di euro) per ridurre le perdite delle reti e per i nuovi impianti tornerebbero ad essere a carico della spesa pubblica. Non mi pare francamente una prospettiva auspicabile.

Tra gestori pubblici remunerati dalle tasse in regime di monopolio e gestori pubblici o privati o misti remunerati dalle tariffe in regime di mercato liberalizzato con un forte regolatore pubblico preferisco quest’ultima condizione.

Commenti dei lettori

ciao Paolo,
ho visto, purtroppo con molto ritardo, questo tuo commento sui referendum per l’acqua.
Ti chiedo se posso copiarlo per mandarlo ai miei amici e compagni (oppure se c’è un altro modo) e al sito della “fabbrica di Niki531″ alla quale partecipo anch’io.
Mi piacerebbe aprire un dibattito su questo tema, anche in vista del referendum del 12 giugno, anche perchè, se passassero, si potrebbe procedere ad un percorso legislativo che prevedesse una forma di partecipazione e controllo dei cittadini?

a

#1 
Scritto da rosalina il 15 aprile, 2011 @ 20:05

Certamente.
Fai pure

#2 
Scritto da Paolo Natali il 15 aprile, 2011 @ 23:28

Certamente.
Fai pure

#3 
Scritto da Paolo Natali il 15 aprile, 2011 @ 23:28

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