Un Commissario per Bologna

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 20 febbraio, 2010

cancellieri

Il Commissario Cancellieri

Non era mai successo prima d’ora e bisogna dire che ce la siamo voluti, anche se non tutti portiamo la stessa responsabilità per questa situazione, sulla quale vorrei esprimere qualche considerazione.

Il Commissario straordinario, per come lo conosciamo, è una figura che la legge prevede quando si tratta di affrontare una situazione appunto straordinaria, un’emergenza che i normali organismi non sono in grado di fronteggiare e che richiede decisioni rapide, assunte da una sola persona, secondo procedure fuori dalla norma. Il governo Berlusconi ha fatto un uso abbondante di questo istituto, anche quando le circostanze non lo richiedevano, come per l’organizzazione di grandi (e non solo) eventi , con le possibili conseguenze patologiche che le cronache di questi giorni ci consegnano. Anche nel caso dell’emergenza rifiuti in Campania la gestione commissariale denunciava un’incapacità delle istituzioni locali di affrontare i problemi con gli ordinari provvedimenti di pianificazione e di gestione. Pienamente giustificato viceversa il Commissario straordinario per gestire, con decisioni rapide ed efficaci, sia pure con il concorso di tutte le istituzioni competenti, l’emergenza creata da un’alluvione o da un terremoto. Ma anche in questi casi è opportuno che, passata l’emergenza, siano le istituzioni democratiche (dal Comune allo Stato) a gestire la situazione.

Anche a Bologna abbiamo vissuto un “terremoto politico”. Il T.U. sull’ordinamento degli enti locali prevede all’art.141, in caso di dimissioni del Sindaco, la nomina da parte del Ministro dell’Interno, di un Commissario, che assume i poteri del Sindaco, della Giunta e del Consiglio comunale (oltre che, nel nostro caso, dei Consigli di quartiere). Anna Maria Cancellieri ha assunto questa carica dal 18 febbraio.

Cosa succederà adesso? Non è facile prevederlo, proprio per la novità della situazione, tuttavia qualche osservazione è possibile farla.

Intanto è bene che l’emergenza venga superata al più presto e che si possa tornare a votare quanto prima: tocca alla maggioranza di governo nazionale, senza speculazioni politiche d’incerta attendibilità, riconoscere la particolare situazione che si è venuta a creare nella nostra città e permettere un rapido ristabilirsi della normalità democratica.

Dico questo non perchè ritenga che il periodo di commissariamento arrecherà danni incalcolabili alla città.

Dò anzi per scontato che il Commissario sia un “grand commis”, un capace servitore dello Stato ed una persona saggia (come le sue prime dichiarazioni permettono di ritenere), che saprà circondarsi di validi collaboratori, che sarà aperta all’ascolto della città nelle sue diverse componenti sociali e politiche e che saprà assumere decisioni nell’interesse di Bologna.

Il fatto è che il Commissario, per definizione, non può agire sulla base di un programma approvato dalla maggioranza dei cittadini, non può pertanto avere una visione generale del bisogni della città e delle risposte da dare a tali bisogni, non può soprattutto prendere decisioni strategiche (come essa stessa ha ammesso). Inoltre, essendo stato nominato dal governo e non eletto dai cittadini, non è a questi che dovrà rendere conto e da questi essere giudicato. Certo potrà gestire l’ordinario, sulla base del bilancio di previsione approvato, come avrebbe potuto fare, al posto suo, un Direttore generale del Comune, peraltro nominato dal Sindaco e quindi decaduto con esso. Già l’approvazione del bilancio consuntivo 2009, nella prossima primavera, con la decisione circa l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione, richiederanno decisioni discrezionali, assunte come? ascoltando chi?

Inoltre il Commissario riunisce in sé i poteri e le funzioni (esecutive, d’impulso e progettuali, tipiche della Giunta, e d’indirizzo e controllo. proprie del Consiglio) che in una situazione normale debbono essere distinte e bilanciarsi a vicenda.

Una città non può vivere alla giornata e richiede scelte che ne determinano il futuro e che il Commissario, correttamente, ha riconosciuto di non voler compiere.

Insomma, a Bologna, nei prossimi mesi, alla democrazia si sostituirà una burocrazia, magari illuminata ma pur sempre una burocrazia, termine al quale non attribuisco alcun significato spregiativo (sono stato anch’io un burocrate dell’area tecnica).

Detto questo sono convinto che non basta che le forze politiche invochino un rapido ritorno alla normalità, con nuove elezioni amministrative. La posta è molto alta e tutti, a partire dalle forze che hanno governato la città negli ultimi anni ne debbono essere consapevoli.

Infatti il Commissario godrà di una condizione particolarmente favorevole, ed è normale che sia così: intanto è donna, e questa novità le guadagna in partenza, a mio avviso, un bonus di simpatia ed un pregiudizio favorevole; essa garantirà comunque la vita della città con il risparmio del costi della politica ai quali i cittadini prestano grande e giustificata attenzione ed avrà presumibilmente un trattamento di favore da parte del governo (non è escluso che si sblocchino magari finanziamenti come quello del metrò) assai interessato a non far rimpiangere l’amministrazione di centrosinistra. Inoltre potrà assumere decisioni e risolvere problemi della vita quotidiana della città in piena libertà, senza condizionamenti e senza mediazioni talvolta defatiganti, proprie della partecipazione democratica.

Insomma, dopo questa esperienza, l’asticella della domanda di buon governo da parte dei cittadini, si sposterà più in alto ed i confronti saranno inevitabili.

Occorre allora che i partiti, a cominciare dal Partito Democratico nel quale continuo a riconoscermi, sappiano utilizzare questa fase dimostrando di avere bene imparato la lezione e di saper rappresentare il valore aggiunto della democrazia, rafforzando il rapporto con la città (e riconciliandosi con essa) a partire dai propri iscritti ed elettori, raccogliendone le istanze in ordine alla vita della città, trasferendole al Commissario attraverso un sistema di relazioni collaborativo e propositivo, senza rinunciare, se necessario, alla critica, ponendo le basi per un programma di governo nuovo nei contenuti e nella prassi, tale da riconquistare la fiducia dei cittadini, manifestata solo pochi mesi orsono.

Sarebbe assai triste che facesse breccia nei bolognesi l’idea che andare a votare è tutto sommato inutile e che conviene dare una delega in bianco ad un bravo funzionario, con tanti saluti alla partecipazione democratica.

Commenti dei lettori

“Sarebbe assai triste che facesse breccia nei bolognesi l’idea che andare a votare è tutto sommato inutile e che conviene dare una delega in bianco ad un bravo funzionario, con tanti saluti alla partecipazione democratica.”

Proprio per questo mi auguro che le elezioni avvengano nel 2011, il pd bolognese, (ma anche il centro destra)ha un assoluto bisogno di rinnovamento, negli uomini e nelle idee e per questo ci vuole parecchio tempo. Con vere partecipazioni e non solo di facciata atte a benedire ciò che è stato deciso nei corridoi del potere. Nei piani approvati (nei corridoi) delle zone ex militari c’è troppa edilizia abitativa privata già “decisa”, persino un albergo!
Per non parlare della candidatura “blindata” di Delbono alle primarie scorse……. Caliamo un velo pietoso….
Abbiamo tutti bisogno di una politica incentrata sul cittadino e non sulle lobby di potere costruttori o commercianti. Sempre meno bolognesi sono disposti a votare per “appartenenza”,se tutto rimarrà immobile aspettiamoci un sindaco della lista Grillo.
Daniele

#1 
Scritto da daniele il 22 febbraio, 2010 @ 12:44

Condivido nella sostanza. L’unica obiezione che faccio riguarda il tema delle 19 aree ex militari. Non dobbiamo dimenticare che è stato un grosso risultato ottenere, dopo tanti anni d’inutile attesa, un accordo con il governo (Prodi) che si è concretizzato nel cosiddetto P.U.V. (Piano Unitario di Valorizzazione). Esso, conforme al Piano Strutturale Comunale, contiene la destinazione delle aree, che non può prevedere soltanto verde o servizi pubblici, come ci piacerebbe, ma che consente al Demanio (la proprietà delle aree, non dimentichiamolo, è dello Stato che non è disponibile a regalarle al Comune) una valorizzazione edificatoria dalla quale ricavare cespiti finanziari.
Paolo

#2 
Scritto da Paolo Natali il 22 febbraio, 2010 @ 17:14

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