La politica ed i commissari

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 4 novembre, 2015

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Il commissario del comune di Roma, Francesco Paolo Tronca

Da un po’ di tempo in qua si stanno moltiplicando le nomine di magistrati, prefetti e managers in veste di commissari di enti locali (comune di Roma) o per garantire la riuscita di grandi manifestazioni (Expo, Giubileo) o la realizzazione di grandi opere (Mose). In tutti questi casi i vari Tronca, Sala, Gabrielli, Cantone, Sabella ecc. ecc. sono chiamati a svolgere una funzione di supplenza rispetto ad amministratori espressi dalla politica (in alcuni casi eletti dai cittadini) che si sono dimostrati incapaci o corrotti.

Di fronte a tutto ciò, e fatti salvi i giudizi sulle singole situazioni, è necessario che i partiti, ed in particolare il PD, s’interroghino per comprendere quale debba e possa essere il ruolo della politica nell’ amministrazione della cosa pubblica a tutti i livelli (governo, enti, aziende) ovvero se i partiti stessi siano destinati irreversibilmente alla irrilevanza nella formazione e nella selezione della classe dirigente del paese.

Qualche considerazione personale a questo riguardo.

Quali sono le qualità e le caratteristiche oggi richieste a chi è chiamato a svolgere il ruolo di amministratore di un’istituzione pubblica? In primo luogo, come prerequisiti necessari ma non sufficienti, ci sono l’onestà ed il disinteresse personale, l’assenza di ogni conflitto d’interessi. Ma poi è necessaria la competenza ,vale a dire la capacità di realizzare gli obiettivi dell’istituzione a cui si è preposti, con efficienza ed efficacia e l’attitudine a circondarsi di collaboratori capaci ed affidabili. Fin qui sono qualità né di destra né di sinistra. Ma se si tratta non soltanto di far funzionare al meglio una macchina amministrativa (erogare servizi come la manutenzione delle strade, la raccolta dei rifiuti, i trasporti pubblici, ecc.) ma anche di assumere decisioni di carattere discrezionale (elaborare programmi strategici o bilanci di previsione, scegliere la destinazione di risorse o addirittura legiferare) allora entrano in gioco opzioni la cui ispirazione politica e valoriale non è indifferente. Direi che con il crescere di rango dell’istituzione pubblica da amministrare (da un’azienda di servizi, ad un comune, ad una regione, al governo nazionale) aumenta anche l’esigenza di amministratori non soltanto onesti e capaci ma anche mossi da idealità e convinzioni politiche. Parallelamente, a tutela della democrazia, è necessaria la presenza, a fianco di chi amministra, di un organismo consiliare elettivo, d’indirizzo e, soprattutto, di controllo. La sua mancanza, nel caso dei commissari, rende certamente più facile la loro azione di governo e l’assunzione di decisioni pressochè monocratiche, ma espone a rischi che derivano da un eccesso di potere privo di contrappesi. A complicare ulteriormente il quadro possiamo aggiungere un’ulteriore caratteristica richiesta agli amministratori che ricoprono cariche elettive, vale a dire un esigenza di notorietà, che spesso è posseduta da esponenti della società civile (imprenditori, gente dello spettacolo o dello sport) che non è detto che possiedano anche le altre caratteristiche necessarie ad un amministratore. Oggi tra l’altro viviamo tempi nei quali i politici sono penalizzati da un pregiudizio negativo, peraltro giustificato da numerosi episodi che li hanno visti indagati, rinviati a giudizio o condannati, mentre i commissari possono contare su un pregiudizio positivo (a Bologna ricordiamo bene la lunga luna di miele di cui godette la Cancellieri salvo poi toccare con mano gl’inevitabili limiti della sua azione di governo).

Insomma o i partiti sono in grado di utilizzare la tregua (la più breve possibile) dell’affidamento ai commissari per rilegittimarsi attraverso proprie candidature credibili, oppure saranno votati a ricoprire un ruolo sempre più marginale nella vita pubblica, con grave nocumento per la democrazia.

Due osservazioni conclusive. Già da molti anni gli atti gestionali, negli enti locali, sono prerogativa dei dirigenti e non più degli amministratori. Quindi i vertici politici dell’ente devono soprattutto avere una visione, dare indirizzi ed impulsi e controllare che i dirigenti, coordinati dalla direzione generale dell’ente, li traducano in provvedimenti coerenti.

Inoltre il potere si è via via spostato sugli organi esecutivi (Giunta con al vertice il sindaco legittimato da un’elezione diretta) a scapito dei consigli (i cui membri peraltro sono anch’essi eletti dai cittadini) cui compete la funzione d’indirizzo (da parte della maggioranza, con tutte le difficoltà del caso) e di controllo (soprattutto, ma non solo, da parte della minoranza).

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